Il minimalismo è la conseguenza di un mondo che ha voluto troppo e che si è ritrovato ben presto oppresso da quel troppo. Ed allora ogni settore ha sentito l’esigenza di liberarsi dagli eccessi. Una corrente partita inizialmente come movimento artistico e che si è velocemente diffusa fino a diventare un vero e proprio stile di vita.
ARTE
La parola“minimalismo” venne utilizzata per la prima volta nel 1913 per descrivere la composizione geometrica del pittore russo Kazimir Malevich, ma il movimento si diffuse negli Stati Uniti alla fine degli anni Sessanta, in contrapposizione alla corrente artistica dell’Espressionismo Astratto.
Kazmir Malevich, “Black Square”
I principali esponenti sono Donald Judd, Sol LeWitt e Frank Stella, che caratterizzano le loro opere da un processo di riduzione della realtà, dalla non espressività, dall'impersonalità e dall'estrema semplicità della forma. Utilizza colori neutri, forme geometriche semplici e precise e materiali della moderna tecnologia industriale. Le cromie predilette da questo stile sono il bianco e il nero.
Frank Stella, 1967
ARCHITETTURA
Ben presto si diffuse anche nel campo dell’architettura, con il tedesco Mies van Der Rohe, che tramite il suo manifesto “Less is More” capovolge l’ideale di complessità apparente di un progetto, definendo che il miglior risultato è garantito quando si produce un design essenziale e adatto alle sue funzioni.
Mies van Der Rohe – Padiglione di Barcellona, 1929
UN CAPOLAVORO DEL MINIMALISMO A COMO
La Casa del Fascio è un edificio situato a Como, ed è opera dell'architetto razionalista Giuseppe Terragni. È considerato il capolavoro assoluto del razionalismoitaliano, una corrente architettonica sviluppatasi in Italia tra il 1920 e il 1930. Gli elementi principali sono linee semplici, razionali, essenziali a cui corrisponde la massima funzionalitá. Oggetti industriali, caratterizzati dalla standardizzazione e dalla riproducibilità.
Casa del Fascio – Giuseppe Terragni, 1932-1936
MODA
Il minimalismo nella moda si diffonde alla fine degli anni Ottanta, con l’ascesa di designer giapponesi all’avanguardia come Rei Kawakuboe Yohji Yamamoto. Reduce da un decennio di opulenza, la moda viene ridotta a linee di taglio nette e precise, tonalitá neutre (soprattutto bianco e nero), tessuti pregiati e sperimentali e una silhouette estremamente stilizzata. I capi sono nati per durare nel tempo, e per combattere gli sprechi e l’abbondanza che hanno caratterizzato i decenni precedenti. Negli anni Novanta la moda minimalista raggiunge il suo apice, assieme all’estetica heroin chic. I maggiori esponenti sono Martin Margiela, Jil Sander, Helmut Lang, Calvin Klein, Ann Demeulemeester e Miuccia Prada.
Il minimalismo nella moda durante gli anni '90
LIFESTYLE
Il minimalismo è anche uno stile di vita. Negli ultimi anni, grazie al successo riscosso dal best-seller internazionale "Il magico potere del riordino" della giapponese Marie Kondo, si sta diffondendo sempre più questa filosofia, in contrapposizione all’estremo consumismo della nostra societá. Dal 2009 in poi, complice anche la crisi finanziaria, il minimalismo si trasformò ben presto in un’esigenza, più che in una moda. In passato c’è stato un momento in cui è arrivato il pensiero condiviso che “tanto, grande e di più è bello”. Ma la realtá è che non sempre avere di più è sintomo di benessere. Spesso il voler possedere tanto è sintomo di malessere individuale e sociale, con ulteriori conseguenze. Applicare il minimalismo alla propria vita significa eliminare il superfluo, ridurre le distrazioni e concentrarsi invece su ciò che ha davvero significato per se stessi. Vivere intenzionalmente: focalizzandosi sulle proprie passioni e sui veri valori della vita, apprezzando quello che si ha anziché stare a cercare quello che la società impone. Questo stile di vita è una scelta consapevole, sana e a favore della sostenibilitá ambientale: meno si compra, meno si produce, meno si spreca. Piú qualitá, meno quantitá.
“La perfezione si ottiene non quando non c’è nient’altro da aggiungere, bensì quando non c’è più nulla da togliere.”
Antoine de Saint-Exupéry
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